È una figura molto diffusa da anni nei Paesi del Nord Europa e negli Stati Uniti, ma si sta piano piano affermando anche nei Paesi dell’Est Europa, Asia e Sud America e progressivamente anche qui in Italia.
In tanti abbiamo sentito parlare di Lauren Mishcon, inglese, 40 anni, madre di tre figli, che ha assistito la duchessa di Sussex, Meghan Markle, moglie del principe Harry d’Inghilterra, per la gravidanza e il parto dei royal babies.
L’Educatrice Perinatale è la figura che, in ambito sociale, supporta la donna accompagnandola nella vita di tutti i giorni nel percorso della maternità; sebbene ancora poco conosciuta, è capace di rappresentare un aiuto prezioso non solo per il benessere della donna in gravidanza o che ha da poco partorito, ma per il suo intero nucleo familiare, superando le attuali lacune sociali che non valorizzano la maternità al massimo delle sue potenzialità.
La nostra cultura prevede che una donna, in quanto tale, sia automaticamente in grado di essere mamma e quindi preparata ad affrontare una gravidanza, un travaglio, un parto e a iniziare una nuova vita con un bimbo.
Ma non c’è nulla di più sbagliato.
Mamme, ma anche papà, si diventa e c’è bisogno di un tempo che, non a caso, la natura ha stabilito sia di circa nove mesi, in cui ci si possa preparare, prendersi cura di se stesse e farsi affiancare.
La gran parte delle future mamme oggi segue corsi pre-parto, si interessa a ciò che sta avvenendo nel proprio corpo, è più attenta alle proprie sensazioni interiori, si rende conto di essere anche più esposta emotivamente, ma nonostante ciò, molte volte non si è consapevoli del fatto che si abbia bisogno di un affiancamento esterno, durante il quale la mamma rimane la principale protagonista del suo bimbo.
L’utilità del ruolo dell’Educatrice Perinatale è scientificamente provato.
Da anni le ricerche scientifiche, riportate su Pubmed, sottolineano che la presenza di una figura assistenziale al fianco di una donna durante il travaglio riduce la durata dello stesso e la possibilità che insorgano complicazioni. Inoltre si riduce del 60% la richiesta di analgesia epidurale, del 50% il ricorso al cesareo, del 30% il ricorso all’anestesia generale.
Secondo le ricerche, inoltre, il suo supporto attutisce il “trauma“ del rientro a casa e la depressione dopo il parto. Le mamme si sentono meno sole e angosciate.
Oggi sempre più donne sperimentano la depressione post-partum, perché nelle società moderne ci si allontana sempre di più dalla nostra vera natura, dalla condivisione con i nostri simili, infine da sé stessi.
Fatichiamo a cogliere in tempo i segnali di malessere emotivo, che nasce dalla sottovalutazione dei propri bisogni e necessità. Pensiamo che chiedere aiuto sia un segno di debolezza anziché un’estrema saggezza e maturità.
Una amichevole chiacchierata, un abbraccio fraterno o un sorriso incoraggiante, possono essere un aiuto in tutte le forme di depressione, e ancor più in quella del post-partum, perché la fragilità di una donna in puerperio è intensa e va accolta e sostenuta moltissimo.
Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’assistenza intrapartum, aggiornate nel 2018, a tutti gli effetti fanno rientrare le Educatrici Perinatali (o doule) tra gli accompagnatori a cui tutte le donne hanno diritto durante il travaglio.
Tuttavia non dimentichiamo che l’Educatrice Perinatale è una figura professionale ma non sanitaria, regolamentata dalla legge 4 del 14 gennaio 2013. In nessun modo si sostituisce a medici e ostetriche, bensì collabora con loro, affinché la donna possa vivere l’esperienza della maternità da protagonista e in modo positivo.
In tanti abbiamo sentito parlare di Lauren Mishcon, inglese, 40 anni, madre di tre figli, che ha assistito la duchessa di Sussex, Meghan Markle, moglie del principe Harry d’Inghilterra, per la gravidanza e il parto dei royal babies.
L’Educatrice Perinatale è la figura che, in ambito sociale, supporta la donna accompagnandola nella vita di tutti i giorni nel percorso della maternità; sebbene ancora poco conosciuta, è capace di rappresentare un aiuto prezioso non solo per il benessere della donna in gravidanza o che ha da poco partorito, ma per il suo intero nucleo familiare, superando le attuali lacune sociali che non valorizzano la maternità al massimo delle sue potenzialità.
La nostra cultura prevede che una donna, in quanto tale, sia automaticamente in grado di essere mamma e quindi preparata ad affrontare una gravidanza, un travaglio, un parto e a iniziare una nuova vita con un bimbo.
Ma non c’è nulla di più sbagliato.
Mamme, ma anche papà, si diventa e c’è bisogno di un tempo che, non a caso, la natura ha stabilito sia di circa nove mesi, in cui ci si possa preparare, prendersi cura di se stesse e farsi affiancare.
La gran parte delle future mamme oggi segue corsi pre-parto, si interessa a ciò che sta avvenendo nel proprio corpo, è più attenta alle proprie sensazioni interiori, si rende conto di essere anche più esposta emotivamente, ma nonostante ciò, molte volte non si è consapevoli del fatto che si abbia bisogno di un affiancamento esterno, durante il quale la mamma rimane la principale protagonista del suo bimbo.
L’utilità del ruolo dell’Educatrice Perinatale è scientificamente provato.
Da anni le ricerche scientifiche, riportate su Pubmed, sottolineano che la presenza di una figura assistenziale al fianco di una donna durante il travaglio riduce la durata dello stesso e la possibilità che insorgano complicazioni. Inoltre si riduce del 60% la richiesta di analgesia epidurale, del 50% il ricorso al cesareo, del 30% il ricorso all’anestesia generale.
Secondo le ricerche, inoltre, il suo supporto attutisce il “trauma“ del rientro a casa e la depressione dopo il parto. Le mamme si sentono meno sole e angosciate.
Oggi sempre più donne sperimentano la depressione post-partum, perché nelle società moderne ci si allontana sempre di più dalla nostra vera natura, dalla condivisione con i nostri simili, infine da sé stessi.
Fatichiamo a cogliere in tempo i segnali di malessere emotivo, che nasce dalla sottovalutazione dei propri bisogni e necessità. Pensiamo che chiedere aiuto sia un segno di debolezza anziché un’estrema saggezza e maturità.
Una amichevole chiacchierata, un abbraccio fraterno o un sorriso incoraggiante, possono essere un aiuto in tutte le forme di depressione, e ancor più in quella del post-partum, perché la fragilità di una donna in puerperio è intensa e va accolta e sostenuta moltissimo.
Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’assistenza intrapartum, aggiornate nel 2018, a tutti gli effetti fanno rientrare le Educatrici Perinatali (o doule) tra gli accompagnatori a cui tutte le donne hanno diritto durante il travaglio.
Tuttavia non dimentichiamo che l’Educatrice Perinatale è una figura professionale ma non sanitaria, regolamentata dalla legge 4 del 14 gennaio 2013. In nessun modo si sostituisce a medici e ostetriche, bensì collabora con loro, affinché la donna possa vivere l’esperienza della maternità da protagonista e in modo positivo.