La scelta di intraprendere questa carriera non è solo una decisione professionale, ma anche un impegno a promuovere la salute e il benessere delle famiglie. Investire nella formazione per diventare consulente del sonno significa contribuire a un futuro migliore per i bambini e i genitori, aiutandoli a navigare le sfide del sonno con competenza ed empatia. Ma come scegliere il corso giusto? Ecco quattro aspetti fondamentali da considerare prima di scegliere quale acquistare.
Nel panorama delle professioni a supporto della genitorialità, negli ultimi anni si sono diffuse due figure che offrono aiuto in caso di difficoltà legate al sonno dei bambini: la
consulente del sonno e la
coach del sonno infantile.
A un primo sguardo, sembrano occuparsi dello stesso problema. Ma a un’analisi più attenta, emergono differenze sostanziali non solo nei metodi utilizzati, ma anche negli obiettivi, nella cornice teorica e nel tipo di relazione instaurata con la famiglia.
La consulente del sonno (nota anche come trainer del sonno) adotta nella quasi totalità dei casi un approccio comportamentale, ispirato allo sleep training. L’obiettivo è allenare il bambino a dormire “bene” e in autonomia, prolungando i cicli di sonno e riducendo i risvegli notturni. In genere, si fornisce alla famiglia un protocollo da seguire con costanza, spesso impostato su tappe e tempistiche precise.
Questo approccio, nato e radicatosi negli Stati Uniti, ha però alcuni limiti rilevanti:
- Il training è un metodo di condizionamento del comportamento e, come tale, non tiene conto della maturazione neurofisiologica del bambino. Spesso si finisce per “forzare le tappe”.
- Il modello risponde principalmente ai bisogni degli adulti, ma non ascolta i bisogni evolutivi del bambino, che nel primo anno di vita ricerca vicinanza, contatto, contenimento.
- La figura del trainer si concentra sul “far dormire il bambino”, trascurando il vissuto dei genitori, il contesto familiare e i significati relazionali del sonno.
In questo scenario, il rischio è che si perda il senso profondo dell’esperienza condivisa del sonno, riducendola a un insieme di comportamenti da correggere.
La coach del sonno infantile si muove in un’ottica completamente diversa. Non propone protocolli, ma lavora in modo sistemico, tenendo insieme i bisogni del bambino e quelli dei genitori. L’obiettivo non è “fare addormentare il bambino”, ma accompagnare i genitori nella costruzione di un contesto favorevole al sonno, rispettando le tappe evolutive e la storia relazionale della famiglia.
Nel concreto, la coach del sonno aiuta i genitori a osservare con più consapevolezza le abitudini e i segnali del bambino, a fare scelte intenzionali e sostenibili, a distinguere tra ciò che è un reale bisogno di cambiamento e ciò che può essere accolto come fase naturale.
Invece di fornire soluzioni preconfezionate, la coach del sonno:
- offre uno spazio di riflessione guidata e dialogo con i genitori;
- promuove l’autonomia decisionale delle famiglie, rafforzando le loro competenze;
- non separa il sintomo (il “non dorme”) dalla relazione: ogni comportamento ha un senso, va capito prima che corretto.
La differenza tra queste due figure non è solo terminologica. Si tratta di visioni del mondo diverse: una orientata al risultato, l’altra alla relazione; una fondata su tecniche, l’altra su processi; una focalizzata sul comportamento del bambino, l’altra sul contesto in cui quel comportamento emerge.
Per questo, anche se abbiamo scelto di chiamare il nostro percorso formativo “Master per Consulente del Sonno Infantile”, la figura professionale che accompagniamo a crescere è a tutti gli effetti una coach del sonno, con solide basi teoriche, strumenti di lavoro dialogico, e un approccio profondamente rispettoso delle famiglie.
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